
“Dove i gemelli furono trovati da una lupa, che si prese cura di loro…”
Del rapporto tra depressione ed epigenetica ho già un pò parlato in un precedente post. Ebbene, un recente studio canadese, pubblicato sulla rivista Development and Psychopathology, conferma la stretta relazione tra genetica e ambiente, ed in particolare l’effetto di alcuni fattori protettivi su una predisposizione genetica, alla faccia della nuova edizione del DSM che, nonostante la presenza dei vari assi, rimarca e rilancia l’esclusività dell’approccio biologico/riduzionista per la comprensione disturbi mentali.
Nello studio sono state valutate 294 coppie di gemelli monozigoti ed eterozigoti, di entrambi i generi. Ogni coppia di gemelli è cresciuta insieme nella stessa famiglie e ambiente sociale. Come noto, i gemelli monozigoti sono identici sia “somaticamente” che “geneticamente”, condividono cioè lo stesso DNA, mentre gli eterozigoti condividono solo la metà dei loro geni, e appaino diversi.
Dopo che i ricercatori hanno valutato i segni di depressione dei bambini dai loro insegnanti e compagni di classe, hanno “mappato” le loro amicizie, chiedendo a ogni bambino di nominare fino a tre migliori amici nella loro classe, oltre al loro migliore amico.
Coerentemente con le ricerche del passato, si è evidenziato il ruolo dei geni nella depressione, cioè hanno trovato correlazioni di segni di depressione molto più alte tra gemelli identici rispetto a non-identici. Questo vuol dire che i ricercatori hanno potuto stimare il grado di vulnerabilità di ogni gemello, considerando il fatto che se un gemello identico ha evidenziato segni di depressione, allora anche l’altro è stato a sua volta stimato vulnerabile e predisposto allo sviluppo del disturbo d’umore, in misura maggiore rispetto alla vulnerabilità misurata nelle coppie di gemelli eterozigoti.
Ciò ha permesso di evidenziare che le bambine con vulnerabilità genetica per la depressione corrono meno rischi se possono contare su almeno un’amicizia vera e sincera. Si è pertanto evidenziata un’interazione tra rischio genetico e effetto protettivo dell’amicizia uno-a-uno, in misura maggiore nelle femmine “vulnerabili” rispetto ai maschi “vulnerabili”, i quali, al di là della variabile vulnerabilità, sembrano confidare di più sugli effetti protettivi legati all’appartenenza ad un gruppo di amici. I ricercatori confidano quindi sulla necessità di insegnare ai bambini le abilità di interazione sociale finalizzate a promuovere relazioni positive con gli altri in modo tale da prevenire lo sviluppo di comportamenti depressivi.
Questo studio mi ha colpito non solo per i risultati che hanno messo in luce la relazione tra geni e fattori protettivi per lo sviluppo di un importante disturbo mentale, ma anche per il brillante ed efficace modo mediante il quale sono stati ottenuti (nonostante le inevitabili limitazioni metodologiche). I gemelli si sono dimostrati per l’ennesima volta importanti “alleati” della ricerca scientifica, soprattutto quella psicologica: i gemelli monozigoti sono da sempre studiati molto attentamente perchè rappresentano l’unico caso di identità genetica umana naturale, ovvero è l’unico caso di uguaglianza, fra individui distinti, di genotipo e DNA. Questa situazione permette quindi di capire quanto l’ambiente influisca sullo sviluppo del comportamento di un individuo rispetto al patrimonio genetico (eterno dibattito natura/cultura).
Proprio recentemente è apparso in letteratura uno studio che mi ha piuttosto colpito e che ha evidenziato ulteriormente la complessità di tale rapporto: le differenze tra gemelli monozigoti nei circuiti cerebrali e nelle personalità sono dovute alla produzione di nuovi neuroni nell’ippocampo, una regione cerebrale cruciale per l’apprendimento e la memoria, che continua anche nell’adulto. Questo processo di neurogenesi non è pre-stabilito dai geni! E’ piuttosto la risultante di una sofisticata interazione tra genetica e ambiente, tanto più marcata quanto maggiori sono gli stimoli a cui si è sottoposti, ed è fortemente legata alle specifiche esperienze individuali. In altri termini… i gemelli sono uguali perché condividiamo lo stesso DNA e vivono gran parte della vita nello stesso ambiente… ma sono nello stesso tempo diversi perché le esperienze individuali modulano la generazione differenziata di neuroni. (ad esempio, esperienze coinvolgenti e forti – protettive nel caso della depressione – come quelle dell’amicizia!).
Tutto ciò mi porta a concludere : il processo che comporta lo sviluppo e il differenziarsi della vita appare incredibilmente complesso e nello stesso tempo straordinario… così come affascinate appare il contributo dato dai gemelli alla ricerca scientifica, soprattutto in campo epigenetico. Gemelli ai quali un giorno verrà forse dato un premio!

Psicologo e Psicoterapeuta. Coniuga l’attività clinica privata con quella specialistica presso Enti socio-sanitari della provincia di Piacenza.