da Dott. Gianni Tosca | Mag 20, 2013 | Blog, epigenetica, gemelli
“Questa cesta si incagliò sul fiume alle pendici di un colle, dove i gemelli furono trovati da una lupa che si prese cura di loro”
Del rapporto tra depressione ed epigenetica ho già un pò parlato in un precedente
post. Ebbene, un recente studio canadese, pubblicato sulla rivista Development and Psychopathology, conferma la stretta relazione tra genetica e ambiente, ed in particolare l’effetto di alcuni fattori protettivi su una predisposizione genetica, alla faccia della nuova edizione del DSM che, nonostante la presenza dei vari assi, rimarca e rilancia l’esclusività dell’approccio biologico/riduzionista per la comprensione disturbi mentali.
Nello studio sono state valutate 294 coppie di gemelli monozigoti ed eterozigoti, di entrambi i generi. Ogni coppia di gemelli è cresciuta insieme nella stessa famiglie e ambiente sociale. Come noto, i gemelli monozigoti sono identici sia “somaticamente” che “geneticamente”, condividono cioè lo stesso DNA, mentre gli eterozigoti condividono solo la metà dei loro geni, e appaino diversi.
Dopo che i ricercatori hanno valutato i segni di depressione dei bambini dai loro insegnanti e compagni di classe, hanno “mappato” le loro amicizie, chiedendo a ogni bambino di nominare fino a tre migliori amici nella loro classe, oltre al loro migliore amico.
Coerentemente con le ricerche del passato, si è evidenziato il ruolo dei geni nella depressione, cioè hanno trovato correlazioni di segni di depressione molto più alte tra gemelli identici rispetto a non-identici. Questo vuol dire che i ricercatori hanno potuto stimare il grado di vulnerabilità di ogni gemello, considerando il fatto che se un gemello identico ha evidenziato segni di depressione, allora anche l’altro è stato a sua volta stimato vulnerabile e predisposto allo sviluppo del disturbo d’umore, in misura maggiore rispetto alla vulnerabilità misurata nelle coppie di gemelli eterozigoti.
Ciò ha permesso di evidenziare che le bambine con vulnerabilità genetica per la depressione corrono meno rischi se possono contare su almeno un’amicizia vera e sincera. Si è pertanto evidenziata un’interazione tra rischio genetico e effetto protettivo dell’amicizia uno-a-uno, in misura maggiore nelle femmine “vulnerabili” rispetto ai maschi “vulnerabili”, i quali, al di là della variabile vulnerabilità, sembrano confidare di più sugli effetti protettivi legati all’appartenenza ad un gruppo di amici. I ricercatori confidano quindi sulla necessità di insegnare ai bambini le abilità di interazione sociale finalizzate a promuovere relazioni positive con gli altri in modo tale da prevenire lo sviluppo di comportamenti depressivi.
Questo studio mi ha colpito non solo per i risultati che hanno messo in luce la relazione tra geni e fattori protettivi per lo sviluppo di un importante disturbo mentale, ma anche per il brillante ed efficace modo mediante il quale sono stati ottenuti (nonostante le inevitabili limitazioni metodologiche). I gemelli si sono dimostrati per l’ennesima volta importanti “alleati” della ricerca scientifica, soprattutto quella psicologica: i gemelli monozigoti sono da sempre studiati molto attentamente perchè rappresentano l’unico caso di identità genetica umana naturale, ovvero è l’unico caso di uguaglianza, fra individui distinti, di genotipo e DNA. Questa situazione permette quindi di capire quanto l’ambiente influisca sullo sviluppo del comportamento di un individuo rispetto al patrimonio genetico (eterno dibattito natura/cultura).
Proprio recentemente è apparso in letteratura uno studio che mi ha piuttosto colpito e che ha evidenziato ulteriormente la complessità di tale rapporto: le differenze tra gemelli monozigoti nei circuiti cerebrali e nelle personalità sono dovute alla produzione di nuovi neuroni nell’ippocampo, una regione cerebrale cruciale per l’apprendimento e la memoria, che continua anche nell’adulto. Questo processo di neurogenesi non è pre-stabilito dai geni! E’ piuttosto la risultante di una sofisticata interazione tra genetica e ambiente, tanto più marcata quanto maggiori sono gli stimoli a cui si è sottoposti, ed è fortemente legata alle specifiche esperienze individuali. In altri termini… i gemelli sono uguali perché condividiamo lo stesso DNA e vivono gran parte della vita nello stesso ambiente… ma sono nello stesso tempo diversi perché le esperienze individuali modulano la generazione differenziata di neuroni. (ad esempio, esperienze coinvolgenti e forti – protettive nel caso della depressione – come quelle dell’amicizia!).
Tutto ciò mi porta a concludere : il processo che comporta lo sviluppo e il differenziarsi della vita appare incredibilmente complesso e nello stesso tempo straordinario… così come affascinate appare il contributo dato dai gemelli alla ricerca scientifica, soprattutto in campo epigenetico. Gemelli ai quali un giorno verrà forse dato un premio!
Psicologo e Psicoterapeuta. Coniuga l’attività clinica privata con quella specialistica presso Enti socio-sanitari della provincia di Piacenza.
da Dott. Gianni Tosca | Apr 8, 2013 | Blog, epigenetica, psichiatria
Quale sarà uno dei prossimi obiettivi della ricerca scientifica mondiale? Mappare il cervello, neurone per neurone. Qualcosa come 200 miliardi di cellule e trilioni di connessioni, con lo scopo di comprendere i meccanismi e il funzionamento di patologie neurodegenerative come la demenza di Alzheimer o il morbo di Parkinson, ed arrivare così a sviluppare trattamenti efficaci per condizioni cliniche che, non va dimenticato, interessano milioni di persone.
Un’impresa paragonabile soltanto al progetto Genoma, un progetto di ricerca internazionale che aveva come obiettivo quello di determinare la sequenza delle coppie di basi azotate del DNA e che si è concluso nel 2000, dopo circa 15 anni di studi e ricerche.
E’ ciò che si propone di fare Barack Obama, promuovendo il Brain Activity Map Project. Costo? Circa 300 millioni di dollari all’anno. Tanto? Dipende… per il governo federale a stelle e strisce non è una cifra impossibile, è sempre meno di un quinto di quello che spende ogni anno la NASA per studiare il sole. In totale, 3 miliardi di dollari. E poi, almeno per Obama (mentre non si sa ancora per il Congresso) è un investimento, che il presidente americano intende appoggiare fino in fondo, anche considerando il fatto che il progetto Genoma, costato anch’esso circa 3,8 miliardi di dollari, si stima abbia avuto un impatto economico di circa 800 miliardi entro il 2010!
“As humans we can identify galaxies light-years away, we can study particles smaller than an atom, but we still haven’t unlocked the mystery of the three pounds of matter that sits between our ears.”
Ascoltando le parole di Obama, chissà perchè mi è venuto in mente il famoso discorso che fece J.F. Kennedy il 12 settembre del 1962, quando il giovane presidente, parlando alla Rice University, propose agli americani di raggiungere la Luna nell’arco di un decennio. Anche allora sembrò una impresa, ma neanche dieci anni dopo, Neil Amstrong fu il primo uomo a lasciare l’impronta di una stivale in un posto chiamato Mare della Tranquillità.
«Abbiamo scelto di andare sulla Luna e di fare altre cose, non perché sono facili, ma perché sono difficili».
Psicologo e Psicoterapeuta. Coniuga l’attività clinica privata con quella specialistica presso Enti socio-sanitari della provincia di Piacenza.
da Dott. Gianni Tosca | Mar 10, 2013 | Blog, depressione, epigenetica
Soffrire di un disturbo mentale nell’infanzia e nell’adolescenza, come l’ADHD, i disturbi d’ansia e dell’umore o disfunzioni a livello comportamentale, costituisce un potente fattore di rischio per lo sviluppo di una serie di problemi psichiatrici in età adulta. Lo ribadisce un recente studio apparso sul Journal of Child Psychology and Psychiatry, che ci ricorda quanto sia importante intervenire precocemente e come sia necessario investire maggiormente nella prevenzione.
Nel campo della depressione tali interventi appaiono fondamentali. Diversi studi, perlopiù sviluppati nell’ambito della teoria dell’attaccamento (Bowlby, 1980), evidenziano come alcune esperienze esistenziali che avvengono durante l’età evolutiva possano inclinare la personalità fino a renderla più vulnerabile alla depressione. La mancanza di inadeguate cure parentali che precedono o seguano una perdita, come la negligenza e l’indifferenza, così come ripetute esperienze di rifiuto e separazione, o la presenza di lutti significativi nel corso dell’infanzia, favoriscono l’insorgenza di emozioni basiche quali la rabbia e la tristezza e aumentano il rischio di sviluppare disturbi depressivi in età adulta. (Liu, 2009, Harris, Brown Bifulco, 1986).
Sedimentate nel tempo e nella carne, queste emozioni non potranno che accompagnarsi a racconti di sé coerenti con questi stati d’animo, che avranno come principali temi la solitudine, il senso di impotenza, l’inadeguatezza, il senso di indignità sociale, ecc.. (Arciero Bondolfi, 20009; Liccione, 2011). La persona con disturbo depressivo in età adulta finisce così nel trovarsi e sentirsi nella tristezza, nella rabbia, nell’ansia, nel dolore… l’esperienza di sofferenza e di perdita diventa cioè costitutiva di sé, identitaria. Il tutto avviene pre-riflessivamente, nel fluire esperienziale del proprio esser-ci.
L’importanza di un intervento precoce e preventivo appare ancora più importante se consideriamo i recenti studi di epigenetica. Lungi dal considerare una relazione deterministica tra patrimonio genetico e depressione, Caspi e collaboratori, in uno noto studio apparso su Science nel 2003, hanno invece evidenziato l’interazione tra geni e ambiente: lo sviluppo della depressione era maggiormente presente in quelle persone che presentavano un’associazione fra esperienze di vita negative e l’allele corto del trasportatore della serotonina (5-HTTLPR). In mancanza di queste esperienze l’allele corto non si associava a un rischio depressione maggiore. Inoltre, il fatto di poter contare su un sostegno sociale positivo riduceva il rischio di depressione in soggetti maltrattati e con l’allele corto del trasportatore della serotonina.
Psicologo e Psicoterapeuta. Coniuga l’attività clinica privata con quella specialistica presso Enti socio-sanitari della provincia di Piacenza.